La transizione ecologica ha interessato fortemente il settore delle costruzioni e l’approccio Green potrebbe dare nuova linfa vitale a mattoni e calcestruzzo.
Lo scorso 4 novembre è entrato in vigore il Decreto del Ministero della Transizione Ecologica del 27 settembre 2022, n.152, che stabilisce i criteri specifici nel rispetto dei quali i rifiuti inerti derivanti dalle attività di costruzione e di demolizione e gli altri rifiuti inerti di origine minerale di cui all’art. 2, comma 1, lettere a) e b), sottoposti a operazioni di recupero, cessano di essere qualificati come rifiuti ai sensi dell’articolo 184-ter del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Ciò rappresenta una fortissima innovazione dal punto di vista dell’economia circolare, perché stravolge, anche da un punto di vista giuridico, il concetto di ”materia prima seconda”. L’obiettivo finale dell’articolo, però, non saràquello di analizzare la lettera della norma, ma quello di mettersi nei panni di un operatore delsettore, che, conscio dell’opportunità esistente, può tentare di sfruttarla al meglio, anche collegandola a un altro intervento governativo, il molto discusso Superbonus.
Il citato provvedimento del MITE risulta essere fonte di curiosità anche per la più blasonata dottrina che si occupa di circolarità e sostenibilità. L’eliminazione, almeno per quanto riguarda alcune tipologie di prodotti, del concetto di rifiuto propone un’evoluzione della definizione di materia prima seconda del settore edile. Gli inerti identificati dall’art. 2, infatti, cessano di essere rifiuti e divengono risorse prontamente disponibili ed utilizzabili. Tale condizione genera, però, delle incertezze legate alle tipologie di trattamento da riservare a queste risorse.
Tali incertezze si incrementano ulteriormente quando si incrementano il numero di cantieri attivi e, di conseguenza, la mole di inerti. Mediamente in Italia vengono annualmente prodotti circa 60 milioni di tonnellate di inerti e considerando la forte accelerazione impressa al settore edilizio da parte del Superbonus (che ha generato valore economico per circa 125 miliardi di Euro secondo ANCE EMILIA e NOMISMA) risulta semplice immaginare il grosso quantitativo di materiale precedentemente qualificato come rifiuto.
Osservando i dati pubblicati dall’ENEA al termine del mese di ottobre si evince che le asseverazioni presentate sono state pari a 326.819 a livello nazionale, per un totale degli investimenti ammessi a detrazione pari a circa 55 milioni di Euro. Considerando il solo Lazio i dati risultano pari a 28.230 asseverazioni, per un investimento pari a circa 5 milioni.
Dietro gli importanti volumi economici generati dal Superbonus, però, vi è la difficoltà dell’apertura e della gestione del cantiere, sia per il fruitore che per il realizzatore dei lavori. Il trattamento degli inerti è sempre stato il tallone d’Achille di molti costruttori e l’evoluzione della specifica normativa ha fatto in modo di ridurre al minimo le occasioni di mala gestio, anche se i molti tecnicismi comportano notevoli lungaggini.
Basti pensare che, ad oggi, per l’avvio delle attività è necessario chiarire a monte, attraverso apposita documentazione, quale sarà il trattamento riservato agli scarti da costruzione e demolizione. La revisione apportata del decreto MITE potrà produrre importanti impatti positivi sull’edilizia, che, innanzitutto, potrà veder ridotto il proprio impatto ambientale. Gli impianti di frantumazione, che raccoglievano e avviavano a recupero buona parte dei materiali di scarto, potranno essere soppiantati dalla gestione interna al cantiere, che potrà riutilizzare direttamente almeno una parte di ciò che era stato precedentemente demolito. Ciò che non è più rifiuto diviene automaticamente risorsa. La gestione interna genererebbe un risparmio anche dal punto di vista logistico, ma dovrà essere ricercata laconvenienza economica dell’acquisizione della tecnologia adeguata ai nuovi trattamenti.
La consegna a terzi, secondo noi, resterà una sicura modalità di gestione che continuerà ad essere preferita. Quello citato è solo uno degli esempi di scelte che un operatore del settore potrà trovarsi a fronteggiare, le altre potrebbero essere ancora più complicate. Si potrebbe, per esempio, arrivare a dover modificare i sistemi di progettazione o a garantire una formazione specializzata ai propri operatori. Il decreto del MITE, in definitiva, è fonte di una grossa opportunità, anche di revisione del pensiero della dottrina, ma allo stesso tempo genera difficoltà e pone il settore edile in una situazione di incertezza. La gestione del cantiere, già amministrativamente gravosa per via di autorizzazioni e licenze si complica ulteriormente.
Quali processi dovranno essere posti in essere per il trattamento separato di materiali precedentemente gestiti allo stesso modo? Ci sarà bisogno di separare a monte gli inerti? Si avrà bisogno di differenti aree di stoccaggio degli stessi? Il loro trasporto dovrà essere effettuato separatamente? Gli inerti non più qualificati come rifiuti potranno essere recuperati o riutilizzati direttamente in cantiere?
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